martedì 6 dicembre 2011


 
Perché una mela?
E’ una domanda che mi sono posto per anni e mi ha sempre incuriosito il perché di quel frutto al posto di un altro.
Eva si trovava con quell’altro che non aveva tutte le costole a posto in un giardino spettacolare dove c’era tutto, ma davvero di tutto. L’unico frutto che non potevano toccare era la mela. Ma perché?
Ricordo di aver letto da qualche parte che se provi a tagliare una mela in senso verticale potrai vedere al suo centro una netta somiglianza con il sesso femminile.
Ma dai, non può certo essere questo il motivo e poi non penso che abbiano fatto la prova su tutti i frutti prima di decidere. Non ce li vedo lì seduti a tagliare frutti e a chiedersi se vedevano qualcosa.
Un altro taglio possibile, della mela intendo, è quello orizzontale. In questo caso otterrete, guardando sempre nel centro, una stella a cinque punte ovverosia il simbolo del diavolo.
Se neppure questa ipotesi vi convince tanto allora provate ad assaggiarla una mela:
turgida, lucida, dolce e acidula. E’ la tentazione fatta frutta.
Mah. Vuoi mettere le fragole le ciliegie….
Forse allora la storia più convincente è quella dei Druidi, si avete capito bene, quelli di Avalon, l’isola delle mele e del cidro. Questi mangiamele non andavano particolarmente a genio alle gerarchie cattoliche del tempo e allora….
Allora così avrebbe senso. Il frutto maledetto che ha condotto sulla via del peccato un intero popolo. Quale modo migliore per dire che la loro fede è cattiva se non nominare il loro frutto prediletto il frutto del peccato.
Come è andata a finire non ve lo dico neppure, fatto sta però che qualche rivincita i mangiamele se la sono presa, se di rivincita si può parlare; ogni anno, molti di noi rivivono la sbornia di Anthor (da cui deriva forse la radice del nome di un famoso farmaco contro i riflussi esofagei.) mentre addobbava ed adorava, come si usava fare, un albero di abete con grossi pomi rossi. Vi ricorda qualcosa? Alle stelle filanti non  voglio dare spiegazione per non scadere nello splatter, ma se aveste visto che razza di sbornia aveva preso Anthor vi sarebbe abbastanza facile capire di cosa stiamo parlando.
Ma torniamo alla nostra primadonna. Eva coglie la mela e si accorge di non aver messo niente addosso prima di uscire quella mattina e da qui in poi la storia la conoscete.
Eva è l’inizio, nel bene e nel male, che ci si creda o no è il simbolo dell’inizio e io non avrei mai pensato ad un inizio del genere. Vi spiego meglio. Sono alla ricerca di un caffè e trovo uno Starbucks. Dalla porta a vetri vedo una lunga fila di persone che attendono di ordinare in maniera molto composta. Il locale ha due entrate, o meglio, un’entrata ed un’uscita  collegate da una sorta di budello in cui ci sono i clienti in fila. Non riesco a capire però il perché siamo in fila solo da un lato, mi sporgo per vedere se si è rovesciato del caffè per terra lungo il lato libero. Niente, tutto perfettamente pulito. Una, unica ed ordinata. Rientro con la testa nella sagoma della fila ed attendo da un momento all’altro quello lì che deve chiedere solo un’informazione. C’è sempre dove c’è una fila. Se voi provate a creare una fila nel vuoto di una piazza, una fila che non ha scopo alcuno, ebbene arrivera’ quello dell’informazione, quello che ci vogliono solo due secondi. E’ quasi il mio turno. Guardo il menù gigante affisso sopra al bancone e mi preparo ripetendo la parte e schiarendomi la voce. Un senso di piacere mi pervade quando vedo scritto, espresso, cappuccino, Caramel macchiato. Ma allora posso dirlo in italiano anticipando solo il nome del prodotto con la quantita’ desiderata e un please finale per non passare da cafone. Ma non basta. Bisogna specificare la taglia che è scritta piccola, troppo piccola e mentre arriva il mio turno aguzzo lo sguardo e sto quasi per scavalcare il bancone per leggere cosa cazzo c’è scritto…..
E' il mio turno.
 Sara’ un effetto psicologico ma ogni qual volta mi trovo a dover parlare inglese in queste situazioni si crea un silenzio irreale intorno a me.
 Vi ricordate a scuola? Tu sei alla cattedra ed il giorno prima eri convinto che era impossibile che chiamasse proprio te. La professoressa attende una tua risposta ma in cuor suo sa gia’ che non ci sara’, così si limita solo ad aumentare l’agonia giocherellando con le chiavi della sua macchina. La maestra si perde nel tintinnio delle chiavi, la classe se ne accorge ed inizia a rumoreggiare sempre più forte e tu ti senti come il condannato che guarda la folla scomposta sotto al patibolo. La professoressa lascia una mano sola a giocare  con le chiavi e alza l’altra sopra la sua testa fino a farla cadere rumorosamente sulla cattedra. E’ il rullo di tamburi prima della ghigliottina. La piazza tace, in attesa.
E’ la stessa sensazione che avverto ora. Esordisco con un Yes assolutamente non richiesto. La mia ordinazione è one Caramello Macchiato. Dall’altra parte il tipo mi dice solo sorry prima di avvicinarsi con la testa. Non ha capito! Ma come non ha capito? Caramello è italiano ed io sono Italiano, macchiato è italiano ed io sono italiano. Come ho potuto sbagliare anche questa volta? Lo ripeto e allora lui lo ripete dopo di me, con il suo accento e solo così lo capisce. Il suono è effettivamente diverso, mancano tutte le doppie, caramello ha un suono sinuoso, dolciastro e appiccicoso mentre macchiato ha perso tutta la cattiveria della doppia c.
E’ finita? Macchè, mi chiede la taglia. Non la so, la taglia non la so, io non riesco a leggere, guardi faccia the first one from the left in the menù. Pago e tiro un sospiro di sollievo. Lui prende un pennarello e si prepara a scrivere dopo avermi chiesto qualcosa. Capisco solo your name, please?
Ho un flash, quello che si potrebbe definire un colpo di genio. Una vocina nell’orecchio sinistro mi consiglia di rispondere senza tentennamenti: John, my name is John. John lo capira’ di sicuro, c’è in tutti i films americani uno che si chiama john. Non colgo l’attimo e dico il mio vero nome. Lui mi chiede immediatamente lo spelling ed io impreparato inizio lo spelling come se fossi al bar dello sport, inizio lo spelling in italiano. Il mio nome inizia con la i e la lui scrive e. Me ne accorgo e corro ai ripari v, ei but you have to change the first one. La fila rumoreggia, silenziosamente, con piccoli colpi di tosse che mi colpiscono alle spalle. Niente da fare, lui ha scritto le tre lettere che gli ho dettato. Niente di più.. Il risultato è EVA, scritto nero e grosso su di una fascettina di carta che loro mettono attorno al tuo bicchiere di carta per bruciarti solo quando sarai fuori dal locale e non lì davanti al bancone. Mi dice di aspettare che a momenti sara’ pronto.
Non sono solo, sono in molti ad aspettare. Li guardo con complicita’ poi li riguardo con terrore prevedendo cosa sta per succedere. Se siamo in tanti e mi hanno chiesto il nome……..oh no mi stanno per chiamare!
La vocina ricompare e mi invita ad andarmene subito a salvarmi finchè sono in tempo. Tentenno e la vocina mi manda a quel paese mentre vedo la cameriera alzare un bicchierone con una schiuma bianca in cima. Urla quel nome come se le avessero chiuso una mano nel cassetto. EVA, CARAMELLO MACCHIATO for EVAAA. Mi guardo intorno per capire quanta gente c’è in fila. Tanta, e tutti muoiono dalla voglia di conoscere Eva. Al terzo richiamo il cassiere che mi aveva servito mi guarda ed io rispondo al suo sguardo socchiudendo gli occhi e appuntendo le labbra. Capisce che se prova ad additarmi gli salto addosso.
Mi stacco dal gruppo con passo fiero, con l’espressione di che era sovrappensiero, sradico il mio beverone dalla mano dalla cameriera che stava per tornare ad urlare, ed esco.
Lo sorseggio piano, avrei voglia di scoppiare a ridere.
Mi siedo ed una domanda mi frulla costantemente nella testa: cosa sarebbe successo se Eva avesse preso un Caramello Macchiato al posto di quella dannatissima mela?

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