domenica 11 dicembre 2011

NO DURIAN


Lo so che potra’ sembrare una follia ma uno dei primi luoghi dove solitamente mi reco quando sono all’estero sono i supermercati. E’ più forte di me, gia’ dalla barriera casse inizio a notare piccoli ma importanti particolari.
In Italia questa è la zona storicamente occupata dalle pile elettriche e dai rasoi poi con gli anni prepotentemente soppiantati da chevingum e dolcetti vari con l’immancabile ovetto kinder in primo piano perché loro lo sanno che il bambino sferrera’ l’ultimo suo attacco in quel punto preciso. A due metri dall’uscita sono consapevoli che il genitore non ne può più di dire
questo no!
 No, amore di mamma, lo abbiamo a casa
 da qui ci ripassiamo, lo prendiamo dopo
 e allora cede, stremato all’ultimo ovetto. Le chevingum sono invece il tranello per l’adulto e per i suoi spiccioli. Il famoso detto fatto 30 facciamo 31 si applica perfettamente a questo tipo di prodotto. Il pacchetto formato famiglia di chevingum costera’ pochi spicci in confronto a quello acquistato fino a quel momento. Fatto trenta…..
Sono quasi in prossimita’ delle casse e da quello che riesco a veder dall’esterno del supermercato ci sono…le chevingum, piccoli bonbon e ..no da qui non riesco a vedere altro. Entro. La disposizione è sempre quella, è internazionale. Al primo posto televisori piccoli elettrodomestici, etc etc. Ma c’è il corridoio principale situato di fronte all’entrata del ipermercato che è l’altare sacrificale dell’offerta speciale. Quel luogo è l’alcova dei desideri del consumatore. L’ultima volta che sono stato in un supermercato Italiano sono stato accolto  da un totem di pasta in offerta, ci andassi ora ci sarebbero i panettoni e così via. Anche qui trovo una montagna ad attendermi ma ha qualcosa che non riesco a comprendere. E’ una montagna di sacchi bianchi, è come se ci si aspettasse  un’ inondazione e le autorita’ avessero approntato tutte le misure per arginarla. Mi avvicino e lo sguardo si alza ad ogni passo. La montagna è enorme ed ha evidentemente il solo scopo di farsi vedere in quanto sarebbe impossibile tirare via uno di quei sacchi senza causare un genocidio. Ma che razza di prodotto è? E’ contro ogni regola del marketing vendere un prodotto in una confezione che non abbia nessun tipo di iscrizione. Devono contenere in se, quei sacchi, delle informazioni che solo io non riesco a cogliere. Mi apposto fingendo interesse in uno scaffale di fianco alla montagna bianca. Vedo una coppia di asiatici che  la guardano con ammirazione e poi la oltrepassano veloci e caricano sul carrello uno dei sacchi riposti su di uno scaffale specifico. Un cartello bianco scritto a mano con pennarello nero dice semplicemente Rice ed il prezzo.
Lo dicevo che quella montagna aveva parole che solo io non comprendevo.
Vancouver è una citta’ con gli occhi a mandorla, è una citta’ nata dal desiderio di una vita migliore, di un riscatto o a volte solo di una fuga. Ha tanti volti, uno per ogni desiderio realizzato o in realizzazione.
Osservo i clienti ma soprattutto i contenitori dei desideri: i carrelli ed i cestelli.
I carrelli sono enormi, diversi da quelli a cui siamo abituati, pronti a contenere più desideri. I cestelli a mano sono molto particolari, nascondono un contrappasso per chi ha deciso di comprare poco. Non sono infatti comodi, con le ruotine come quelli italiani ma hanno al posto dei manici due corde che ti segano le mani nel caso ti venisse la malaugurata idea di acquistare molta roba. E’ una scomodita’ che paghi per non aver scelto il carrello grande, per non aver scelto di comprare, forse.

Il mio obiettivo ovviamente è il reparto food, è qui che puoi conoscere la gente di una citta’ prima che dai suoi monumenti, dalla sua storia. Qui risiede il dna di una popolazione. IL CIBO.
Passo tra gli scaffali veloce in direzione del reparto pescheria…..
Salmone Rosso Sockeye
Niente banco con il ghiaccio ma acquari. Trote vive, granchi enormi e tilapia vive anche queste. Le tilapie sono un po’ come il riso hanno seguito i desideri dei loro consumatori qui in terra canadese. Un intero reparto frigorifero è destinato al salmone, e qui mi ci soffermo con attenzione, cerco lui, quello che non ho mai visto fresco e da vicino, il sockeye salmon. Il salmone selvaggio. Non ha niente a che vedere con il nostro salmone. Il sockeye ha la carne rossa e , dovrebbe, essere selvaggio. Dico dovrebbe perché poi alla fine ci hanno ficcato anche lui in una vasca ad ingrassare. L’avete visto sicuramente in qualche documentario in TV, è quello che ogni anno con la sua sensibilita’ manifestata nella voglia di tornare nel luogo dov’è nato per deporre le uova riesce a salvare l’orso da morte certa sfamandolo in abbondanza. C’è un’istantanea negli occhi di tutti quelli che hanno visto uno di questi documentari: l’orso fermo in acqua ed il salmone che gli salta in bocca. Il nome di questo salmone è una storpiatura che gli inglesi hanno fatto del nome che i nativi davano al pesce ovvero suk-kegh che letteralmente significa pesce rosso. Per i nativi che vivevano queste zone prima che arrivassero i “civilizzatori” il salmone era un pesce sacro e rispettato  quasi quanto lo è dagli orsi.
Cherimoya
Ultimo reparto prima di uscire non può che essere l’ortofrutta, e qui faccio compere. Mi preparo, cerco i guanti, non esistono. Ok, mi armo di busta e scarto i mandarini biologici made in China vedendoci in queste due connotati un qualcosa di stridente, cerco prodotti locali e mi imbatto in un cesto di cherimoya provenienti dal Messico. Le cherimoya hanno la forma ovale e una superficie che sembra essere stata tagliuzzata con un coltello molto affilato in quanto presenta molte sfaccettature, è come…è quasi come una pigna chiusa . Mi era capitato di assaggiarla in Spagna ed il sapore che richiama vagamente una pera matura non mi aveva molto convinto.
Comincio a riempire la busta con dei gai lon ed un’altra con Bok Choy entrambi coltivati in Canada. Il primo è il cosiddetto broccolo cinese il secondo richiama la forma della bieta ed è sicuramente della stessa famiglia ma di più piccole dimensioni. E’ come se della bietola fosse stato preso solo il cuore. Entrambi questi prodotti sono, manco a dirlo,  molto utilizzati dalla cucina cinese.
 Il reparto con le mele è sterminato e tutte hanno una caratteristica a mio modo di vedere sconfortante: le mele sono lucidissime, riflettono l luci del supermercato come tante pietre preziose. Uguali e lucide, lucide e uguali non riesco a prenderle. Ho paura di finire vittima di un incantesimo, ho paura di specchiar mici dentro.
Ma mentre sto per abbandonare definitivamente il reparto vedo una cosa, un’arma o…ma cos’è. Leggo il cartello che ha come titolo il nome del frutto ovvero DURIAN e come sottotitolo la metodogia di conservazione, frozen.
Cartello affisso a  Singapore
Il durian ha una superficie spinosa, è come una stella del mattino, quell’arma caratterizzata da una palla dotata di chiodi. Il motivo del perché sia congelato è presto spiegato facendo una brevissima ricerca su internet. Il durian emana uno sgradevolissimo odore che è stato descritto come di fogna, acqua fatiscente, alimento andato a male e via dicendo. Pensate che in alcune citta’, come per esempio Singapore, l’introduzione dei durian è severamente vietata.
Un’ultima cosa. Non posso uscire senza sciroppo d’acero. Lo trovo, lo valuto in base agli ingredienti, scarto quello che contiene caramello e mi preparo ad uscire. Vagando per le corsie con il cestello che mi sega le mani per colpa della confezione da litro di sciroppo d’acero vedo che tutto è venduto in confezioni enormi, più grandi rispetto alle nostre confezioni risparmio. Sembra ci siano prodotti per uomini e per una razza nuova, più grande, con più necessita’, con più desideri. Una razza nuova con carrelli giganti spinti da uomini piccoli.
Corro a casa a provare i gai lon.
Ah dimenticavo, tra un rigo e l’altro ho trovato casa.

3 commenti:

  1. Ciao! Anch'io sono a Vancouver. Sono qui da settembre!
    Ti troverai benissimo, è la città più bella del mondo. Goditi questi sei mesi!

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  2. Ciao Mdz, ho appena letto il tuo post su Granville e mi sono rivisto appieno. Passo per quella strada ogni mattina e la sera tardi per recarmi al lavoro ed è stato bello rivivere i miei passi sulle tue parole.
    Un abbraccio e complimenti per il blog

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  3. Grazie! In bocca al lupo per la tua permanenza a Vancouver!

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